Una cosa che non faccio mai è far vedere la mia pancia. E’ il mio “cruccio”: quel difetto che voglio sempre nascondere, quella parte del corpo che proprio non mi piace. Non che sia l’unica parte a non essere “perfetta”, ma tutto il resto non mi pesa, la pancia invece è proprio una cosa che odio mostrare.
Sono sicura che anche tu conosci la sensazione. Magari per te non è la pancia, magari è qualche altro difettuccio che nessuno nota se non tu, ma non importa perché ti da fastidio lo stesso.
Il fatto è che dopo le gravidanze la situazione non è certo migliorata. Ora oltre ad essere “cicciotta” è pure un po’ cascante e piena di smagliature. Ecco, inquadrata la situazione, ti racconto quello che spesso mi accade.
Incontro qualcuno, di solito un’altra donna, di solito di mezza età, sconosciuta, mai vista prima, che in negozio, per la strada, o in coda alla posta, mi dice: “ohhhh è in arrivo un altro bimbo! Congratulazioni!”. Ecco, le prime volte ci restavo malissimo. Capisci? IO ci restavo malissimo… quasi mi sentivo in colpa a dover dire “non sono incinta, ho solo la pancetta”, come se fosse una mia responsabilità aver illuso anche temporaneamente la felicità di quella poveretta che mi stava “solo” facendo gli auguri. Poi un giorno mi sono detta che forse non ero io quella sbagliata, ma questo atteggiamento di fare commenti (anche a fin di bene…) sul corpo degli altri è sbagliato.
Nella mia formazione, una delle prime cose che ho imparato è che in ciascuno di noi ci sono 3 corpi: quello fisico, fatto di carne, ossa etc, quello emotivo che comprende le emozioni e i sentimenti che proviamo e quello mentale, rappresentato dai pensieri e dall’immaginazione. Ecco, non mi pare che sia normale andare in giro a dire alle persone: “hai dei pensieri bellissimi” oppure “le tue emozioni mi sembrano troppo intense”. Allora perché ci sentiamo autorizzati a commentare il corpo fisico? Perché per l’aspetto esteriore dovrebbe essere più “accettabile” ricevere commenti (buoni o cattivi che siano), dal momento che, come gli altri due corpi, riguarda NOI e non gli altri?
Come si cambia
Una delle cose che leggo più spesso negli articoli dedicati alla gravidanza e al corpo femminile è che il nostro corpo si trasforma. Cambia inesorabilmente e dobbiamo riuscire ad accettarlo. Queste frasi mi fanno sempre nascere due riflessioni.
La prima è che non solo la gravidanza porta a cambiare il nostro corpo, semplicemente cresciamo e invecchiamo! Lo facciamo da quando siamo nate… e non è nemmeno uno dei cambiamenti più veloci! Pensate alla trasformazione dell’adolescenza. Allora perché nel caso della gravidanza e delle smagliature o del seno più cascante e la pancia più morbida associamo di solito una connotazione negativa? La bellezza, da sempre, è culturale. Se io, con la mia fisicità, fossi nata nell’epoca rinascimentale sarei stata una figona (ho sbagliato epoca). Perché se la pelle chiarissima di chi non è costretto a lavorare sotto il sole e la fronte alta (quasi calva) rendevano Queen Elisabeth I bellissima, le curve morbide e mature di una donna che ha dato alla luce dei figli non possono essere, allo stesso modo, connessi alla gioia della maternità e quindi considerati tratti di bellezza?
La seconda riflessione che mi suscitano queste frasi è invece più pratica: ti dicono che devi imparare ad accettare il tuo corpo, ma non ti dicono come farlo. Al massimo propinano qualche consiglio sulle camicette con scollo a V e morbide sui fianchi, e sui tagli più consoni al fisico a mela piuttosto che a pera (ma perché poi la frutta?), ma non dicono nulla su cosa significa veramente riconsiderare il proprio corpo come ciò che è in realtà.
Io ho un corpo
Come dicevo prima, il corpo fisico è una parte di noi, solo una. “Io HO un corpo, io NON SONO il mio corpo”. Questo significa che il tuo valore come persona non può essere collegato al tuo aspetto fisico. Significa riuscire a ridimensionare parecchio il suo potere. Ma significa anche che quel corpo è un tuo strumento (esattamente come la tua mente, di cui sei tu a dover guidare i pensieri e non viceversa!) e come tale va rispettato ed orientato. E’ uno strumento che ti permette ovviamente di restare in salute, di agire nel mondo, di sentire e sentirti, di compiere delle azioni, ma anche di “apparire” all’altro.
Con questa premessa, l’idea che il corpo sia nelle tue mani, al tuo servizio, si riesce molto più facilmente a dargli il giusto peso. Non tutti hanno strumenti “perfetti”. Immagina di avere per le mani un motore, magari un po’ arrugginito ma funzionante. Una buona oliata, una revisione degli ingranaggi e per finire una lucidata. Può essere super funzionale, e anche se ogni 3km fa un po’ di scatti, tu sai come farlo ripartire. Il fatto di avere per le mani sempre lo stesso motore, fa sì che tu e lui vi conosciate bene, così bene da sapere ogni piccolo difettuccio, ma ad uno sguardo esterno la vostra intesa (la tua capacità di farlo funzionare a dovere nonostante le sue imperfezioni) lo farà sembrare perfetto.
Allo stesso modo, pensare al tuo corpo come ad uno strumento nelle tue mani, ti aiuterà a ridimensionare di moltissimo la frustrazione di non “essere” perfetta, perché semplicemente non c’entri tu come persona, ma quello strumento che hai in dotazione. Tu sei molto altro, tu sei molto di più. In secondo luogo ti restituirà la responsabilità della cura e quindi anche il potere. Se quel corpo è uno strumento nelle tue mani, sta a te oliarlo e lucidarlo in modo da creare quell’intesa sapiente fra la mano dell’artigiano e il motore che farà filare tutto liscio, non perfetto, ma funzionale.
E poi…
L’ultima riflessione con cui ti voglio salutare è: sapendo cosa si prova ad essere “dall’altra parte” e a ricevere commenti sul proprio aspetto fisico, non farli.