Esiste una cosa chiamata “psico-genealogia” che studia l’effetto che la nostra famiglia di origine ha avuto su di noi, influenzando chi siamo oggi, le nostre scelte e i nostri comportamenti. Studiarla è una cosa ultra interessante, perché ti apre gli occhi, ti fa vedere cose che erano proprio lì ma che, proprio perché lì son sempre state, non riuscivi a vedere.
Credo che quando, come nel mio caso, si parla alle “mamme” quindi, tenere a mente la psico-genealogia è una cosa opportuna. Perché semplicemente, c’entra tantissimo, sia per l’effetto che il nostro modo di “fare la mamma” avrà sui nostri figli, sia per come i nostri genitori hanno influito su chi siamo.
Non mi riferisco solo al fatto di aver ereditato questo o quel tratto caratteriale, ma alla vera e propria trasmissione inconscia di segreti, convinzioni, tabù e credenze famigliari di generazione in generazione. L’esperienza di una persona del nostro passato genealogico, può aver creato in lei una conseguente convinzione radicata, che ella ha trasmesso ai propri figli e così via, fino a raggiungere noi, che pur non avendo avuto quella stessa esperienza, assorbiamo l’informazione finale facendola assurgere a verità . Fintanto che la convinzione resta inconscia non siamo in grado di vederla né di confutarla, e potrebbe (e in molti casi lo fa) andare ad influire sulle nostre scelte (anche le più importanti), rendendoci più “legate”. Diventiamo un anello di una catena discendente di trasmissione. Non tutte queste credenze sono ovviamente “sbagliate” in origine, ma derivando dall’esperienza di un singolo, non possono quindi essere valide o utili per tutti a prescindere.
Un esempio di “credenza”
Non voglio però fare un discorso teorico, mi piacciono gli esempi pratici, quelli che fanno capire meglio il processo.
Agli inizi del ‘900 la famiglia di mia nonna era contadina. Nessuno sapeva cosa fosse la ricchezza o l’agio. Ad un certo punto, un cugino che di mestiere faceva lo “straccivendolo” (oggi non esistono più ma era un ambulante che raccoglieva gli scarti del lavoro femminile di sartoria scambiandoli con oggetti utili come ditali, aghi, etc, per poi rivenderli ad aziende di produzione della carta o altro) divenne ricco. Tanto da cambiare mestiere e aprire una piccola azienda. Questo cugino assunse ad un certo punto, nella sua ditta, le sorelle di mia nonna, senza ovviamente versare lor nessun tipo di contributo. In famiglia veniva considerato “di cattivo carattere” e il fatto che si fosse arricchito non lo metteva in buona luce (non tanto per la ricchezza in sé, quanto per la mancata condivisione e generosità per i parenti credo). Ad ogni modo divenne convinzione diffusa in famiglia l’associazione che “i ricchi sono avari e pure un po’ cattivi”. Questa convinzione però fu più radicata nelle sorelle di mia nonna che nei fratelli (forse perché erano state loro ad andare a lavorare nella sua ditta, e non i fratelli). Ben presto la singola esperienza di “quel cugino” divenne una credenza generalizzata “tutti i ricchi”. E si è tramandata fino a me. In che modo? Se guardo dentro in profondità mi accorgo che spesso ho pensato “se quella persona è ricca forse non è tanto buona”. In che modo mi lega? Beh, come posso pensare di diventare ricca io, se secondo questa credenza rischierei anche di diventare incontrovertibilmente cattiva?
A questo punto le strade percorribili sono due: mantenere l’inerzia e procedere con la trasmissione di questa credenza, oppure aprire gli occhi, interrogarmi sull’origine di questa credenza, su che cosa nasconda, e su quanto di mio ci sia rispetto a quanto invece è stato ereditato inconsapevolmente e “spezzare” la dinamica. Liberando quindi non solo me ma anche i miei figli, a cui non la trasmetterò.
Il lavoro (in questo caso) sarà sul riconoscere che la ricchezza in sé non è né buona né cattiva e che non è corretto giudicare una persona in base al patrimonio, che nulla ha a che vedere con la generosità o con l’avarizia. (Si può essere generosi anche se si è poveri, ad esempio).
E per le mamme?
Questo ovviamente è solo un esempio, ma di credenze come questa ce ne sono moltissime, in ogni famiglia. (Non pensate che sia per tutti il fatto di associare la ricchezza alla cattiveria eh, perché per molti ad esempio sono i poveri ad essere brutti e cattivi… perché rubano!) Questo accade ogni volta in cui dall’esperienza di un singolo si trae una convinzione generalizzata così radicata da voler essere trasmessa anche ai propri figli e alla propria discendenza (il più delle volte in maniera inconsapevole).
Applicando questa dinamica al femminile, il tema della maternità entra come un tornado. Si crea l’ideale di come dev’essere “la mamma” e si cancella ogni altra opzione.
Ti propongo un piccolo esercizio:
Chiudi gli occhi un momento e prova a pensare alle frasi che più spesso ti sei sentita dire da tua mamma e da tua nonna quando sei diventata mamma (o che diceva tua nonna a tua mamma quando eri piccola se te le ricordi). Poi rispondi a queste domande:
- Cosa pensa la tua famiglia di origine dell’allattamento al seno?
- Cosa pensi tu dell’allattamento al seno?
- Cosa pensa la tua famiglia di origine di come ci si debba comportare con un bambino che piange?
- Come ti comporti tu quando tuo figlio piange?
- Cosa pensa la tua famiglia di origine di una mamma che lavora? (Quante donne nella tua famiglia hanno sempre lavorato e quante hanno smesso di lavorare una volta divenute madri?)
- Cosa pensi tu delle mamme che lavorano? Cosa hai scelto di fare tu? Perché?
- Cosa si dice spesso nella tua famiglia di origine rispetto ai soldi? Chi gestisce normalmente il denaro?
- Chi gestisce il denaro a casa tua? Chi lo ha deciso? Perché?
Potrei continuare ancora, ma credo che tu ti sia fatta un’idea. Tantissimi aspetti del nostro quotidiano sono “dettati” da credenze che ci portiamo dietro dal nostro passato. Se oggi alcuni li vedi per quello che sono, significa che hai raggiunto un certo livello di consapevolezza che ti permette di muovere i primi passi verso una diversa libertà di scelta (che non è detto sarà diversa da quella che farebbe il resto della tua famiglia eh, non dico che siano scelte sempre sbagliate, ma che saranno giuste solo se le farai consapevole di averle scelte tu e non perché siano le uniche possibili).
Altre credenze probabilmente restano ancora nell’ombra, per me è così. Il lavoro è lungo, ma come ti dicevo all’inizio è importantissimo, per liberare non solo noi mamme ma anche i nostri figli e spezzare la trasmissione.
Ti va di condividere le tue credenze? Il tuo commento potrebbe aprire gli occhi anche alle altre mamme che passeranno da qui!